Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Prima sezione, sentenza cause riunite C-762/2018 e C-37/2019, Lussemburgo 25/06/2020.
Un lavoratore di uno Stato membro dell’Unione europa ha diritto, per il periodo compreso tra il licenziamento illegittimo e la reintegrazione nel suo precedente posto di lavoro, alle ferie annuali retribuite, oppure, qualora il rapporto di lavoro cessi nuovamente (successivamente alla reintegra), il lavoratore ha diritto ad un’indennità per le ferie annuali retribuite non godute che sono maturate nel periodo compreso tra il licenziamento illegittimo e la reintegrazione.
Tale decisione è relativa a due casi riuniti: il primo bulgaro, ed il secondo italiano (Iccrea Banca Spa); sia i giudici della Varhoven Kasatsionen sad na Republika Bulgaria, sia i nostri giudici della Suprema Corte di Cassazione (Prima Sezione Civile) avevano interpellato, mediante rinvio pregiudiziale[1], la Corte di Giustizia europea su due quesiti interpretative del diritto europeo:
In via preliminare, è necessario rilevare che in ambito italiano, in caso di applicazione della tutela reale, ai sensi dell’articolo 18 L. 300/1970 (o del d. lgs. 23/2015 per i lavoratori assunti successivamente al 17 marzo 2015), la reintegra sul posto di lavoro, in seguito ad un licenziamento dichiarato giudizialmente illegittimo, ricostituisce il rapporto di lavoro ex tunc, come se non si fosse mai risolto, oltre al fatto che, al dipendente reintegrato, è dovuta una indennità risarcitoria[2].
Al riguardo, l’orientamento consolidato della Corte di Cassazione (vedasi, ad esempio, la sentenza n. 24270/2016) è stato, fino ad oggi, quello di escludere l’indennità sostitutiva per le ferie ed i permessi -non goduti- sulla suddetta indennità risarcitoria, in quanto si tratta di indennità strettamente connessa allo svolgimento di una prestazione lavorativa. Infatti, secondo la stessa Corte, il lavoratore illegittimamente licenziato, dal giorno del licenziamento sino al giorno della reintegra, si troverebbe in una situazione di “riposo forzato”.
La Curia europea investita sulle questioni precedentemente esposte, richiama -innanzitutto- nella decisione la sua precedente giurisprudenza -sentenza n. C-12/2017 del 4 ottobre 2018- e l’articolo 7, par. 1 e 2, della Direttiva 2003/88/CE[3] del Parlamento Europeo e del Consiglio del 4 Novembre 2003, concernenti taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (G.U. 2003, L. 299, pag.9), in combinato con l’articolo 31 paragrafo 2 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea[4].
Secondo i giudici europei, il diritto alle ferie annuali retribuite deve essere considerato un principio particolarmente importante del diritto sociale dell’Unione, la cui attuazione da parte delle autorità nazionali competenti può essere effettuata solo nei limiti esplicitamente indicati dalla direttiva 2003/88 stessa (sentenza del 29 novembre 2017, King, C-214/16, EU:C:2017:914, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).
Tale diritto non solo riveste, in qualità di principio del diritto sociale dell’Unione, particolare importanza, ma è anche espressamente sancito all’articolo 31, paragrafo 2, della Carta, oltre che, come già dichiarato dalla stessa Corte, il diritto alle ferie annuali retribuite non può essere interpretato in senso restrittivo (sentenza del 30 giugno 2016, Sobczyszyn, C-178/15, EU:C:2016:502, punto 21 e giurisprudenza ivi citata).
Quindi, in via generale, ove un lavoratore non sia in grado di adempiere alle proprie funzioni per un motivo imprevedibile e indipendente dalla sua volontà -come ad es. una malattia-, il diritto alle ferie annuali retribuite non può essere subordinato all’obbligo di avere effettivamente lavorato.
I giudici osservano, poi, che se un lavoratore è stato privato della possibilità di lavorare a causa di un licenziamento successivamente dichiarato illegittimo è -in via di principio- imprevedibile e indipendente dalla volontà del lavoratore stesso.
Pertanto, la conclusione della Corte è quella di ostare, ai sensi dell’articolo 7 paragrafo 1 Direttiva 2003/88/CE, alla giurisprudenza nazionale nel quale un lavoratore illegittimamente licenziato e successivamente reintegrato nel suo posto di lavoro conformemente al diritto nazionale a seguito dell’annullamento del suo licenziamento mediante una decisione giudiziaria, non avrebbe diritto a ferie annuali retribuite per il periodo compreso tra la data del licenziamento e la data della sua reintegra, per il fatto che tale lavoratore non ha svolto un lavoro effettivo al servizio del datore di lavoro.
Di conseguenza, un lavoratore illegittimamente licenziato e successivamente reintegrato, a seguito del suo licenziamento mediante decisione giudiziaria, ha diritto alle ferie annuali maturate durante tale periodo.
La Corte rileva, inoltre, che, ai sensi dell’articolo 7 paragrafo 2 Direttiva 2003/88/CE, qualora il lavoratore reintegrato sia nuovamente licenziato, oppure se il suo rapporto, dopo la reintegrazione cessa per qualsiasi altra ragione, egli ha diritto a un’indennità per le ferie annuali retribuite non godute.
[1] Il c.d. rinvio pregiudiziale consente ai giudici di uno Stato membro UE, nell’ambito di una controversia della quale sono investiti, di interpellare la Corte di Giustizia dell’Unione Europea in merito all’interpretazione del diritto europeo alla validità di un atto dell’Unione. La Corte non risolva una controversia nazionale. Il giudice nazionale dovrà, successivamente alla pronuncia della Corte UE, risolvere la causa conformemente alla decisione. Tale decisione vincola egualmente tutti gli altri giudici nazionali ai quali venga sottoposto un problema simile.
[2] L’indennità risarcitoria è calcolata:
-per i lavoratori assunti ante 17 marzo 2015 sulla base dell’art. 18 L. 300/70 come ultima retribuzione globale di fatto,
-per i lavoratori assunti post 17 marzo 2015, sulla base dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, dal giorno del licenziamento al giorno della reintegrazione, o sino al diritto di opzione del lavoratore se sceglie un’indennità speciale, anziché la reintegra, in applicazione del D. lgs. 23/2015.
[3] Articolo 7 paragrafo 1 Direttiva 2003/88/CE “Ferie annuali. 1.Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici di ferie annuali retribuite di almeno 4 settimane, secondo le condizioni di ottenimento e di concessione previste dalle legislazioni e/o prassi nazionali. 2. Il periodo minimo di ferie annuali retribuite non può essere sostituito da un’indennità finanziaria, salvo in caso di fine del rapporto di lavoro.”
[4] Articolo 31, Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea “Condizioni di lavoro giuste ed eque. 1. Ogni lavoratore ha diritto a condizioni di lavoro sane, sicure e dignitose. 2. Ogni lavoratore ha diritto a una limitazione della durata massima del lavoro, a periodi di riposo giornalieri e settimanali e a ferie annuali retribuite.”
Dott. Adalberto Cordero
Lo Studio è a disposizione per fornire la necessaria consulenza e assistenza in materia.
Studio Legale Capello - Associazione Professionale | Via Pietro Giannone 10 - 10121 Torino - P.I. 10204830011 - Polizza R.C. Professionale Generali n. 371033688
Cookie name | Active |
---|