Periodo di comporto: che cos’è e cosa dice la giurisprudenza

Periodo di comporto: che cos’è e cosa dice la giurisprudenza

Nel vasto panorama del mondo del lavoro ci sono concetti e pratiche che possono influenzare significativamente la vita quotidiana dei dipendenti. Uno di questi concetti è il “periodo di comporto”. Ma cosa significa esattamente e quali sono i diritti dei dipendenti riguardo a questo istituto?



Periodo di comporto: cos’è?


Nei rapporto di lavoro si riferisce al totale delle assenze per malattia di un dipendente entro un certo limite, senza superare il quale il lavoratore non può essere licenziato. Solitamente esiste, infatti, un limite massimo di assenze consentito, stabilito nei Contratti Collettivi di Lavoro. Se un dipendente va oltre il limite stabilito, può essere licenziato per superamento del periodo di comporto \ conservazione del posto.
In sintesi, il periodo di comporto rappresenta un periodo di salvaguardia durante il quale il dipendente conserva il proprio impiego nonostante malattia o infortunio.

La maggior parte dei contratti di lavoro, in caso di superamento, permette al dipendente di richiedere un periodo di aspettativa non retribuito. È importante sottolineare che alcune tipologie di assenze, come quelle per terapie salvavita, puerperio o interruzione di gravidanza non rientrano nel calcolo del periodo di comporto e quindi non incidono sul periodo di assenza.


Quanto dura il periodo di comporto?


Il periodo di comporto è generalmente stabiliti dai Contratti Collettivi di Lavoro e spesso varia anche a secondo del tipo di malattia e dal frazionamento dei periodi di assenza.
E’ importante sottolineare che, ai fini del calcolo del periodo, non possono essere computate le assenze per infortunio derivante da responsabilità del datore di lavoro.

Nel 2023 la Corte di Cassazione ha stabilito che il datore di lavoro non è obbligato a concedere le ferie al lavoratore assente per malattia, ma ha solo la facoltà di farlo.

Questo cosa significa? Fondamentalmente che il lavoratore assente per malattia può sospendere il decorso del periodo di comporto usufruendo delle ferie maturate e non godute, ma il datore di lavoro non è obbligato a concederle.


Il Caso

Il caso affrontato dalla Cassazione riguardava una lavoratrice che era stata licenziata per superamento del periodo di comporto. La lavoratrice aveva impugnato il licenziamento sostenendo che la società aveva illegittimamente respinto la sua richiesta di fruizione delle ferie maturate, prima del superamento del comporto, proprio per evitare il licenziamento.

La Cassazione ha accolto il ricorso della lavoratrice, confermando la sentenza di merito. I Giudici di legittimità hanno stabilito che il datore di lavoro può negare le ferie richieste dal lavoratore al fine di evitare il superamento del comporto, purché in ipotesi in cui sussistano ragioni a ciò ostative concrete ed effettive.

Le ragioni concrete ed effettive che possono giustificare il rifiuto del datore di lavoro di concedere le ferie al lavoratore assente per malattia possono essere le seguenti:

L’impossibilità di garantire la continuità del servizio, a causa della mancanza di altri dipendenti che possano sostituire il lavoratore assente;
L’esigenza di rispettare le scadenze di consegna di un progetto o di un prodotto;
La necessità di garantire la sicurezza dei lavoratori o dei beni aziendali.

I nostri professionisti in materia:

Avv. Massimiliano Marche –maxmarche@studiolegalecapello.com
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