A chiunque sarà capitato di sentir parlare di accordi di riservatezza: il nome apparentemente descrive se stesso, ma in questo articolo vogliamo spiegare meglio cosa sono, a cosa servono e ciò che occorre conoscere per comprenderli e, soprattutto, renderli utili.
Gli accordi di riservatezza sono di comune utilizzo tra imprese o privati che si accordano per stipulare affari insieme, all’interno della prassi contrattuale. A seconda del contesto in cui vengono impiegati, questi accordi assumono diverse denominazioni: patti di non divulgazione, clausole di riservatezza, accordi di confidenzialità o, in inglese, “non disclosure agreement”: tali accordi possono essere incorporati in documenti preliminari alla fase principale di negoziazione o inseriti direttamente nei contratti, ma possono anche costituire accordi separati ed autonomi, spesso utilizzati prima ed in fase di kick off di una relazione: in tutti i casi, lo scopo principale è vincolare una o entrambe le parti coinvolte a mantenere riservate informazioni che sono di interesse per le parti o anche solo una di esse.
Gli accordi di riservatezza sono dei negozi giuridici di natura sinallagmatica (quindi con obbligazioni corrispettive) stipulati tra due o più parti allo scopo di mantenere segrete alcune informazioni. Si tratta di veri contratti, autonomi rispetto a quelli principali, o di clausole all’interno degli stessi. Nel primo caso, di solito vincolano una sola parte, rendendoli accordi unilaterali. Nel secondo caso, di solito vincolano entrambe le parti.
L’unilateralità o bilateralità dell’accordo dipendono dalla finalità per cui viene redatto. Ad esempio, solo una parte potrebbe avere interesse a che determinate informazioni scambiate con l’altra siano utilizzate solo per uno scopo specifico e non divulgate.
Quando si tratta di clausole inserite in un contratto che coinvolge lo scambio di informazioni, l’interesse alla riservatezza è reciproco, e quindi entrambe le parti si impegnano a mantenere la riservatezza.
Gli accordi di riservatezza coinvolgono due o più parti che scambiano informazioni:
Tali soggetti devono essere indicati chiaramente nel contratto. Di solito vengono assunte maggiori precauzioni nei confronti di chi riceve le informazioni rispetto a chi le fornisce. È possibile poi includere nell’accordo anche altri soggetti che possono venire a conoscenza delle informazioni, come ad esempio le società sottoposte a controllo, il personale dipendente, gli istituti di credito, collaboratori, consulenti o fornitori.
I dati scambiati possono riguardare informazioni scritte o orali con contenuto economico, finanziario, operativo, amministrativo, di vendita, o informazioni su trattative, intese e le loro modalità di esecuzione e sviluppo.
L’oggetto dell’accordo riguarda anche i dettagli delle obbligazioni delle parti, come devono essere trattate o mantenute riservate e come ne viene limitato l’uso. Le obbligazioni sono solitamente più dettagliate negli accordi autonomi e meno nelle clausole inserite nei contratti.
Tali accordi obbligano tutte le parti contraenti e colei che riceve le informazioni assume obblighi come:
– Custodire le informazioni, mantenendole riservate con la diligenza necessaria alla loro natura
– Non utilizzare le informazioni per scopi estranei alle trattative o all’esecuzione del contratto
– Non divulgarle a terzi o a soggetti non menzionati nel contratto
– Pagare una penale (se previamente concordata) o risarcire il danno cagionato, in caso di violazione del patto
– Obliare le informazioni una volta che il contratto cessa di avere effetto
L’unico riferimento normativo che fa cenno agli accordi di riservatezza è l’articolo 2105 del codice civile. Questo riguarda il divieto per il prestatore di lavoro di trattare affari in concorrenza con l’imprenditore o divulgare informazioni sull’organizzazione e sui metodi di produzione dell’impresa. La violazione di questo divieto può costituire un reato ai sensi degli articoli 622 e 623 del codice penale.
Nei prossimi articoli entreremo ancora più nel dettaglio esaminando la durata dell’accordo di riservatezza e la ratio sottesa al citato articolo 2105 del codice civile.
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